Come espresso dall’Autorità nella segnalazione del 1° luglio 2020, gli interventi di sostegno generalizzato alla domanda di famiglie e imprese (interventi della c.d. fase II) dovrebbero essere coerenti anche con gli obiettivi della Strategia Italiana per la Banda Ultralarga e gli obiettivi strategici dell’Unione Europea per il 2025 “Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea”, puntando al finanziamento di quei servizi che consentano una connettività a più di 100 Mpbs e che siano potenziabili ad una velocità Gigabit.
Tale soluzione avrebbe il vantaggio di garantire la neutralità tecnologica e, al tempo stesso, di incentivare l’adozione di connessioni ad alta capacità da parte di cittadini e imprese, nonché di dare un impulso alla concorrenza infrastrutturale mediante gli investimenti in diverse tecnologie che permettono di raggiungere tali standard qualitativi elevati (almeno 100 Mbps), come ad esempio gli standard VDSL2 e EVDSL per le reti FTTC, le reti FTTH ed i sistemi fixed wireless access basati su standard 5G.
Al contrario, interventi generalizzati che includano soluzioni con velocità inferiori a 100 Mbps, rischierebbero di pregiudicare i rapporti di concorrenza dinamica tra operatori – avvantaggiando soggetti che non effettuano investimenti e fanno leva sulla posizione detenuta storicamente sulla rete in rame – e comprometterebbero il processo di ammodernamento delle reti di comunicazione elettronica in Italia.
Invero, l’erogazione di un sostegno economico per connessioni inferiori a 100 Mbps porterebbe all’adozione privilegiata di connessioni con tali velocità, a discapito di connessioni più veloci ma che necessitano di maggiori investimenti. Infatti, le tecnologie meno performanti hanno un minor costo all’ingrosso e, pertanto, gli operatori potrebbero privilegiare tali tecnologie che – a parità di prezzo al dettaglio – garantiscono margini più elevati. Ciò comporterebbe l’adozione da parte dei consumatori di connessioni meno veloci, in quanto il loro costo sarà coperto dai voucher per un periodo più lungo.
In questo modo si amplificherà il processo inerziale che attualmente si osserva in Italia, consistente nella circostanza che il tasso di adozione di tali tecnologie a banda ultralarga è inferiore rispetto alla percentuale di unità immobiliari raggiunte. Ad esempio, sebbene la percentuale di abitazioni raggiunte delle reti con velocità uguale o superiore a 100 Mbps sia del 30% nel 2020, l’Italia è quint’ultima in Europa per tasso di adozione delle linee fisse ad almeno 100 Mbps da parte di famiglie ed imprese, con una percentuale pari al 13,4%.
L’intervento così definito, pertanto, avrebbe l’effetto di ritardare ulteriormente l’adozione di tecnologie più veloci, superiori a 100 Mbps, e vanificare la spesa pubblica destinata alla digitalizzazione del Paese. Si andrebbe, inoltre, a favorire la permanenza di linee con velocità superiori a 30 Mbps ma inferiori a 100 Mbps, le cui soluzioni corrispondono, nella quasi totalità del territorio italiano, a un’unica tecnologia e a un unico operatore, risultando nei fatti non neutrale dal punto di vista tecnologico e discriminatorio, poiché favorisce quegli operatori che non hanno storicamente svolto alcun investimento infrastrutturale, con pregiudizio di quelli che stanno investendo in tecnologie ad altissima capacità. Le connessioni con almeno 30 Mbps, infatti, raggiungono già circa il 90% delle unità immobiliari e sono già adottate dal 61% circa degli utenti, mentre risultano ancora minoritarie le reti che garantiscono almeno 100 Mbps.
In tal senso, la misura così delineata creerebbe effetti negativi dal punto di vista della concorrenzae, inoltre, non contribuirebbe al raggiungimento di obiettivi di interesse comune, non fornirebbe un adeguato effetto di incentivazione e non limiterebbe l’aiuto al minimo necessario, essendo quindi contrario agli Orientamenti in materia di aiuti di stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga.
Altresì, le previsioni introdotte nel documento in consultazione, che privilegiano le tecnologie più veloci, non appaiono permettere un bilanciamento della concorrenza tra operatori, rischiando al contrario di comprometterla ulteriormente.
Infatti, i criteri di preferenza tecnologica – consistente nella necessità di sottoscrivere l’offerta più performante disponibile allo specifico indirizzo civico al fine di ottenere il beneficio economico – potrebbero compromettere la concorrenza tra operatori laddove vi sia un unico operatore che detenga l’infrastruttura più performante ma vi siano diversi operatori in grado di offrire 100 Mbps con tecnologie differenti. Nei mercati all’ingrosso, pertanto, favorirebbe solo gli operatori con la tecnologia più performante in ciascuna area geografica e, nel mercato al dettaglio, la misura favorirebbe solo gli operatori che accedono a tali infrastrutture.